sabato 25 agosto 2012

Unless you're smoking crack...

Violazione del brevetto

Apple ha vinto la sua "guerra dei brevetti" contro Samsung.
Un grosso passo avanti per una corporation, due passi indietro per chi sviluppa software o ne usufruisce.
Mentre il clamore mediatico declama una guerra senza esclusione di colpi fra due major e nei blog ci si azzuffa per tentare di capire se i tablet Samsung siano effettivamente identici agli iPad o meno, il nodo cruciale della  vicenda ossia la validità del sistema dei brevetti made in USA viene lasciato in ombra.
Apple come tante altre grandi aziende (Samsung inclusa)  utilizza i brevetti come un'arma da brandire contro chiunque possa insidiare il proprio business, in maniera del tutto legale.
Sul perché i brevetti sul software siano estremamente pericolosi per il progresso e la diffusione del software consiglio la lettura di questo articolo di Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation e pioniere del software libero. In italiano, consiglio invece la lettura di questo articolo di Renzo Davoli, docente  del corso di laurea in Informatica a Bologna.
Il problema fondamentale rimane legato alla possibilità mediante brevetto di porre restrizioni all'utilizzo di algoritmi, perché quando si parla di software si tratta in realtà di ciò; e gli algoritmi come spiega il buon Davoli nell'articolo sopracitato, sono come ricette, sequenze d'istruzioni.
Si noti che i brevetti, in particolare nel sistema statunitense, non servono per tutelare la paternità di un software: quello lo fanno tranquillamente anche le licenze copyleft come GPL.
Ma, per rimanere in tema, ad Apple non importa nulla di essere ricordata come "l'azienda che ha inventato il tap to zoom" (mai l'umanità gliene sarà abbastanza grata): semplicemente si vuole cercare di mettere i bastoni fra le ruote ai concorrenti, ove ritenuto necessario.
Il problema comunque dovrebbe essere risolto alla radice reinventando un sistema di licensing che consideri la diversa natura del software e tuteli dalle grinfie dei colossi industriali la libera circolazione della conoscenza e del sapere, prima che vengano brevettati il teorema di Pitagora e la radice quadrata.

martedì 14 agosto 2012

Abbronzatura da paura...


impianti ILVA Taranto

"...con la diossina dell'ILVA.
Qua ti vengono pois più rossi di Milva e dopo assomigli alla Pimpa" 
                                                                                         Vieni a ballare in Puglia, Caparezza

Non c'è alcun scontro tra politica e magistratura. Non c'è alcun protagonismo da parte dei giudici. 
Ci sono invece due perizie, una medica ed una epidemiologica, depositate a Febbraio di quest'anno nell'ambito del processo che vede indagati i titolari ed i vertici dell'ILVA di Taranto per innumerevoli 
capi d'accusa.
Le perizie hanno certificato ciò che già si sapeva da decenni ossia che gli impianti delle acciaierie un tempo appartenenti all'IRI (statale) ed ora del Gruppo Riva uccidono.
Le conclusioni delle perizie, che prendono in esame i dati dell'inquinamento nel periodo 2004-2010, 
sono un pugno nello stomaco. Solo per citare un dato, nei quartieri Borgo e Tamburi che sono i più 
vicini alla fabbrica, ben 91 decessi l'anno sono attribuibili al superamento della quantità di polveri 
PM10 nell'aria. 
Oltre alle malattie per cause respiratorie, sugli abitanti dei quartieri vicini alle acciaierie risultano 
ben superiori alla media anche le incidenze di patologie cardio-vascolari e tumorali.
Ma a quanto pare al governo dei "tecnici" le perizie non interessano, così come a certi presunti sindacati che preferiscono vedere gli operai al lavoro, produttivi ed avvelenati.
Il sequestro degli impianti è invece un atto dovuto da parte del gip Patrizia Todisco, se ancora vige l'art.41 della Costituzione e se non si vuole creare un pericoloso precedente in cui si antepongono
il profitto privato e l'occupazione alla salute ed alla vita dei cittadini italiani.